E’ proprio vero: nella vita non bisogna mai dire mai… Mai pensare che qualcosa non accadrà, che non farai mai qualcosa perché poi, tanto, alla fine, è lei a decidere, la Vita. E’ lei che ti porta, come nel mio caso, a chiederti perché mai non dovresti provare a digiunare, ad astenerti da bevande, cibi, fumo, alcool, sesso… perfino dal masticare un cicles, come li chiamiamo noi torinesi, per un intero mese, dall’alba al tramonto, un po’ come fanno i credenti, anzi per meglio dire i praticanti, di religione islamica, i musulmani, nel nono mese del calendario islamico, chiamato رمضان , ramaḍān.
Questo però non sarà un articolo su cos’è il Ramadan, perché nel 2022, con una pandemia globale alle spalle (o forse ancora in corso…) e con una guerra quasi mondiale alle porte… Dopo vent’anni dalla caduta delle Torri Gemelle… Io francamente non ci credo che non lo sappiate già e, al limite, potete facilmente trovarne informazioni e spiegazioni, ormai alquanto veritiere, digitando su un qualsiasi motore di ricerca. Questo articolo vuol esser un modo per spiegare a voi, ma soprattutto a me stessa, o più semplicemente per raccontarvi, cosa porta una persona come me, cresciuta in Italia, in un ambiente familiare, scolastico… per lo più di impronta cristiano-cattolica, a seguire quello che è il quinto pilastro fondamentale dell’islam, il digiuno, all’età di 23 anni, fino ai 30, dal 2006 al 2013.
Sicuramente giocò un ruolo importante avere all’epoca un fidanzato – diventato perfino poi un marito – algerino per il quale il Ramadan era l’unico precetto che sentisse di dover seguire alla lettera… Da brava fidanzatina, come avrei potuto lasciarlo da solo, in un paese straniero per lui, ad affrontare un lunghissimo mese di astinenza, appena giunto in Italia? E così, un po’ per amore, un po’ per caso, un po’ per gioco… Mi buttai in questa avventura, nata quasi più per gara, sfida tra di noi, non avendo lui – da bravo maschio alfa – alcuna fiducia in me e nella mia buona riuscita. Al contrario, già il primo anno ed ancor di più negli anni successivi, diventai a dir poco (scusate la modestia!) davvero brava, per esser una neofita, arrivando a sorprendere in primis me stessa, non avendo neanch’io nessuna aspettativa ben precisa a riguardo: mi alzavo al mattino prestissimo, prima dell’alba, per il سحور, suḥūr, il primo ed unico pasto consumato al mattino, prima di iniziare il digiuno (in arabo ﺻﻮﻡ, ṣawm). Tenendo conto che nell’arco di quei 7 anni il mese di Ramadan passò da settembre/ottobre a luglio, mi capitò di sperimentare questa pratica proprio nei mesi più caldi ma soprattutto nei giorni più lunghi dell’anno… Non lo dico per vantarmene ma per dire che la forza di volontà fu ciò che mi aiutò moltissimo: credere fermamente in qualcuno, in qualcosa… a partire proprio da me stessa e dalle mie capacità.
Nell’islam si dice che l’intenzione è meglio dell’azione: se l’intenzione è giusta l’azione ha più valore e raggiunge lo scopo, ma se l’intenzione è sbagliata vanifica ogni sforzo e rende inutile ogni opera. Questo fu il primissimo insegnamento tratto dal digiuno. Quello che ne conseguì fu che imparai a iniziare e finire (bene) qualcosa, ciò che mi ero posta come obiettivo. In questo sono sempre stata abbastanza portata ma il digiunare a Ramadan solidificò questa mia attitudine, facendola diventare un mio pregio. Imparai a prendermi cura di me stessa: quello svegliarmi al mattino, nel silenzio più assoluto, fare le mie abluzioni (ebbene sì, non l’ho mai confessato a nessuno, neanche all’allora mio fidanzato/marito algerino… Ma provai anche a pregare in quel periodo dell’anno, mettendo a frutto le conoscenze di lingua araba e leggendo e ripetendo versetti del Corano e preghiere islamiche…)… Era un’attenzione verso me stessa che fino ad allora non ero riuscita mai a ritagliarmi. E prendendomi cura di me stessa, imparai a farlo anche con gli altri, perché la cura di sé passa anche attraverso quella che si dona all’esterno. Tutto questo dà pace, sollievo… Così ritrovai me stessa in quel silenzio mattutino, ma anche interiore. Ritrovai una luce: all’inizio fu come un calore, un calore proprio fisico. Ricordo che una mattina mi alzai e chiesi preoccupata al mio fidanzato: “Ma anche il tuo corpo diventa bollente con il digiuno?”; lui mi rispose che era normale, le prime volte. A me così normale non pareva proprio, tenendo conto che mi sembrava proprio di aver la febbre ma febbre non era, per lo meno per il termometro: era calore, fuoco, quell’ardere di fede, credo, passione… che poi sprigiona in una luce all’esterno, negli occhi, nello sguardo, nel sorriso, nella serenità che emani e che gli altri notarono in più di un’occasione. Forse era ciò che per lui, nato e cresciuto con quell’esperienza vissuta e provata fin da piccolo, era la normalità delle cose. Per me non lo era affatto e fu ciò che mi sorprese di più: provare “febbre”, “brivido” per qualcosa di così astratto, elevato… Una sensazione a dir poco inesprimibile a parole.
E allora la domanda nasce spontanea, no? Perché oggi non digiuno più? Perché la crisi dei sette anni esiste davvero e in tutti i contesti e le salse, anche nei rapporti con una religione, con un credo, con qualcosa di astratto… Perché non sono praticante nella mia religione di origine, per così dire, perché esserlo o diventarlo in un’altra? Seppur sia stata sicuramente per me l’esperienza spirituale più sentita, intensa e soprattutto scelta, una vera e propria purificazione dell’animo ancor prima che del corpo, capii che per me – che, parliamoci chiaro, non sono mai stata una convertita all’islam e quindi da tale scrivo e parlo di ciò -, da quell’esperienza andavano trattenuti solo gli insegnamenti che mi diede e che porterò sempre con me.
Il più grande insegnamento, oltre a quelli che ho citato (anche se ce ne furono sicuramente altri, anche più impliciti che in qualche modo “assorbii” in quegli anni… Come il dono della pazienza, del sapere attendere, del sapersi fermare…) è la gratitudine, perché come si legge nella seconda sura, in arabo “capitolo”, del Corano, dal titolo tradotto in italiano così “La Sura della Vacca”, al versetto 185:
“E il mese di رمضان, ramaḍān, il mese in cui fu rivelato il Corano come guida per gli uomini e prova chiara di retta direzione e salvazione, non appena ne vedete la nuova luna, digiunate per tutto il mese, e chi è malato o in viaggio digiuni in seguito altrettanti giorni. Iddio desidera agio per voi, non disagio, e vuole che compiate il numero dei giorni e che glorifichiate Iddio, perché vi ha guidato sulla retta Via,
nella speranza che Gli siate grati.”.
Per me, nel mio piccolissimo e modestissimo mondo, di persona che più per i casi della vita che per altro, è letteralmente piombata in questo mondo arabo-islamico, il Ramadan – e con esso il digiuno – mi ha dato più di quello che mi aspettassi, che potessi mai immaginare e a me è bastato.
Oggi, sempre in virtù di quel senso di gratitudine così appreso, ringrazio di vivere in una città come Torino, la mia città natale, l’unica dove davvero potrei mai vivere (o meglio invecchiare!)… E di città ne ho “vissute”, nel senso letterale del termine: da Reggio Calabria, in casa, tra sapori, saperi e un dialetto che capivo alla perfezione ma non parlavo, per poi giungere all’età di 19 anni ad Ordona, alla ricerca delle mie origini per metà pugliesi, con un sacchetto di taralli in mano. E dopo piombare a Parigi, Aix-en-Provence, Marsiglia e, in seguito, all’esatto opposto del Mediterraneo, ad Algeri e a Tizi Ouzou, nell’entroterra, nel cuore della Cabilia, una regione sconsigliatissima, se non bandita dal sito della Farnesina e sulle cui strade mi trovai a guidare un’auto noleggiata all’età di 25 anni scarsi, terminando il mio giro al Cairo ed infine, ad Alessandria d’Egitto!
Ora, a Torino, c’è un museo dedicato all’arte orientale, il MAO. A questo museo io devo molto perché al suo interno, c’è un piano interamente dedicato all’arte islamica, una vera e propria galleria islamica dove sono esposti diversi esemplari di Corano, tra le varie opere per lo più originarie di paesi non africani di religione islamica dell’area geografica che, partendo dall’Egitto va verso il cosiddetto Medio Oriente. Singoli fogli tratti dal testo coranico, scritti nei vari caratteri calligrafici arabi, da quello cufico, forse il più antico stile calligrafico della città di Kufa in Iraq, a quello noto come محقَّق muḥaqqaq (che significa “consumato” o “chiaro”), da quello maghribi مغربي perché del Nord Africa e della zona dell’Andalusia, a quello naskhī dalla radice araba نسخ che significa “copiare”… al ثلث thuluth, letteralmente “un terzo” per l’inclinazione di un terzo di ogni lettera, tipica di questo carattere.
Andare a visitare questa galleria – seppur di dimensioni più piccole rispetto alle altre quattro in cui il museo si snoda e che presentano opere dell’Asia meridionale e del Sud-est asiatico, la più importante collezione di arte funeraria cinese presente in Italia, opere d’arte giapponese religiosa e profana, arte della Regione himalayana – ammirandone queste pagine di Corano insieme a frammenti di decorazione architettonica, pannelli, mattonelle, copricuscini o pezzi di tessuto destinati a volte anche alla produzione di abiti di provenienza per lo più da Bursa, con motivi decorativi che, richiamando il crescente lunare, rimandano alle scienze esatte… E portarci te, Simone, è stato il mio atto di gratitudine alla vita.
Che nessuno me ne voglia, ma questo è il mio personalissimo Ramadan (un po’ come capita di vivere in modi diversi il Natale o altra festività religiosa o meno che sia…): entrare in una cultura o una religione, propria o altrui che sia, attraversandola, per decidere anche di uscirne, facendo proprio ciò che c’è di arricchente ed arrivando a riproporlo in semplici gesti quotidiani, anche al di là ed al di fuori di un mese, un periodo specifico dell’anno, e lasciandone fuori ciò che potrebbe esserci di nocivo per noi e per gli altri.
Questo per me è il miglior dono che il dialogo interculturale e interreligioso potesse donarmi e che io cerco di donare a voi in questo blog, sperando di riuscire nel mio intento.
Per saperne di più:
Sul MAO – Museo Arte Orientale:
Pagina Facebook e Instagram
Galleria di fotografie scattate da me lo scorso novembre 2021
Sul Ramadan:
Video di Samia Makhloufi del Progetto Anzaar dell’Università degli Studi di Torino
Pillola Migrantour 19 di Hassan Khorzom
Pillola MIgrantour 21 di Hassan Khorzom